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giovedì 29 novembre 2012

Amour


Anne (Emmanuelle Riva) e Georges (Jean-Louis Trintignant) sono moglie e marito, insegnanti di musica ormai in pensione, entrambi ottantenni e ancora innamorati l’uno dell’altra. Sono coltissimi, amanti della musica e della filosofia e la loro vita scorre tranquilla e serena tra un concerto a teatro e la lettura di un buon libro, il tutto intervallato dalle sporadiche visite che la loro figlia Eve  (Isabelle Huppert)  si degna di fare e quelle che un loro vecchio allievo continua, nonostante il successo, a voler fare. Un giorno però Anne viene colta da un ictus che le causa la paralisi del lato destro del corpo. Comincia così per George una vita completamente diversa da quella precedente, adesso deve prendersi cura di Anne ormai invalida e far fronte ad una malattia che consumerà per sempre il corpo e lo spirito della sua adorata moglie, fino alla morte. Michael Haneke regista de “Il nastro bianco” racconta con una struggente delicatezza una storia d’amore e di dolore come poche ne sono state raccontate, e lo fa attraverso lunghi campi nei quali vengono riprese le stanze, unici set di una vita che è agli sgoccioli (non ci sono mai riprese esterne solo interne,appunto) ma soprattutto lo fa attraverso le gestualità estremamente aggraziate dei protagonisti, che si muovono in questo film come se fosse vita vera e che come tante vite vere non troviamo un happy end. Haneke, in Amour  vincitore della palma d’oro a Cannes 2012, racconta  di come il corpo umano viene schiacciato dalla malattia, e dell’umiliazione che quest’ultima infligge a chi ne soffre dell'indifferenza della società che spesso viene vista come unica giustificazione. Eccelsa l'interpretazione di Riva e Trintignan, attori di un certo spessore protagonisti anche nei film Tre Colori di Kieślowski rispettivamente in Film Blu e Rosso, che commuovono e colpiscono duro l'animo di chi sta a guardarli, con sentimento e raffinatezza. Un film intenso, lento che grazie a questa sua lentezza fa assaporare davvero il dolore e l’amore di un uomo. Finalmente un film che racconta sul serio ciò che viene annunciato nel titolo. 

giovedì 22 novembre 2012

The Apparition

Siamo nel maggio del 1973 quando un gruppo di persone si riunisce in una seduta spiritica per richiamare nella stanza  lo spirito di Charles Reamer. La seduta infatti prenderà il nome di The Charles Experiment.
Molti anni dopo, quattro studenti del college capitanati da Patrick (Tom Felton-Malfoy) decidono di ricreare The charles experiment con degli amplificatori per riuscire a catturare quante più entità possibili, ma qualcosa va storto e uno dei quattro scompare attraverso il muro.
Andiamo ancora avanti col tempo e poco dopo, troviamo Ben (Sebastian Stan- Mad Hatter)  e Kelly (Ashley Greene- Cullen), una coppia giovane e innamorata che decide di andare a vivere insieme nella casa che i genitori di lei tenevano in affitto anni prima. Le cose però  cominciano ad andare male (Ma no??), Kelly si accorge subito di strane presenze che si aggirano nell'abitazione causando gravi danni, comincia a trovare le porte spalancate, (che siano fantasmi claustrofobici?)  e gli armadi in subbuglio (o magari sono solo maniaci dell'ordine..) e strane muffe (... muffa...) attaccate alle pareti della casa. Kelly scopre che Ben era stato a sua volta partecipe della seduta, ai tempi del college e che voleva andare a fondo a questa storia. Di conseguenza arriva Patrick, ormai ossessionato dall'entità, con la teoria secondo la quale i fantasmi si manifestano attraverso l'energia elettrica che aiuta la coppia tentando di riportare il fantasma nel suo mondo, invano, infatti l'entità è ormai troppo forte ed intelligente per essere battuta dagli umani, perciò rimane impunita e ultima ''sopravvissuta''.
Ora, io pensavo che Kristen Stewart fosse una pessima attrice, probabilmente perchè in Twilight è lei la protagonista, ma Ashley Greene..... probabilmente è di gran lunga peggioree tra l'altro molto somigliante alla "cognata"! Una recitazione, e qui ci metto anche Sebastian Stan (che invece è credibilissimo nel ruolo di Cappellaio Matto nella serie tv Once Upon a Time) davvero dilettantesca, sguardi malinconici, patetiche urla e atteggiamenti al limite della parodia sono solo il contorno dell'ennesima storia sui fantasmi e sulle sedute spiritiche. Troviamo inoltre qualche scena ripresa in soggettiva che fa molto The Blair Witch Project e il messaggio iniziale che rammenta The Texas Chainsaw Massacre.  Miei cari, Stan, Greene e Felton, tornate ai vostri generi fantasy che forse vi calzano di più e lasciate l'horror a chi ne capisce!

Bad!

giovedì 15 novembre 2012

Il riccio


Paloma Josse (Garance le Guillermic) è una ragazzina intelligente, colta e proveniente da una famiglia ricca e sta per compiere dodici anni. Abita in Rue de Grenelle numero 7 e il principale scopo della sua vita è quello di non finire come "i pesci nella boccia", animali innocenti e stupidi che girano in tondo tutto il giorno cozzando tra di loro senza arrivare mai a un punto finale. Prende la decisione, quindi, di suicidarsi il giorno del suo compleanno. Il suo compito prima del suicidio, è quello di fare un film su ciò che la circonda, come la sua famiglia apparentemente felice e le altre persone che vivono nel palazzo, un po’ come un documentario di denuncia su quanto può essere spesso povera interiormente la società odierna.  Renèe Michel (Josiane Balasko) è la portiera dello stabile in cui Paloma vive, una donna dall’aspetto trascurato, la cui unica gioia è quella di leggere seduta al suo tavolo con una barretta di cioccolato fondente vicina. Renèe è una donna colta, anche se non si direbbe, conosce gli autori russi e i registi giapponesi, sa conversare di filosofia e di arte, sebbene nessuno s’intrattenga mai a parlare con lei. Fino al giorno dell’arrivo del signor Kakuro Ozu, un elegante uomo giapponese appena trasferitosi nel palazzo, che inizia subito a manifestare un sincero affetto verso la burbera portiera.  Proprio grazie al signor Ozu le vite di Paloma e di Renèe sembrano inevitabilmente intrecciate e porteranno le due protagoniste a vivere una candida amicizia, basata su un rapporto sincero e senza pregiudizi. Paloma la considera come un riccio, un animale con gli aculei, pronto a far male chiunque si avvicini, ma in fondo “ferocemente solitaria e terribilmente elegante” e secondo lei, Reneè è l’unica ad aver trovato il suo nascondiglio, o meglio l’unica ad aver trovato il suo posto, in quel mondo fatto di indifferenza. “Il riccio” diretto da Mona  Achache  e uscito nelle sale nel 2009, è sostanzialmente un’ora e mezza di pura raffinatezza, chiaramente il film ha diverse discrepanze con il libro, come ogni trasposizione cinematografica (questo non mi stancherò mai di dirlo), ma riesce a catturare con estrema grazia tutte le piccole imperfezioni di una vita costruita su determinati valori, ma passata a viverla come dietro le quinte  di un teatro.
 Renèe, infatti, si stupisce quando un’inquilina del palazzo vedendola più curata nell’abbigliamento e con i capelli sistemati,  la saluta con un”salve gentile signora" e Ozu le fa notare che non l’ha riconosciuta perché probabilmente non l’ha mai guardata, essendo appunto una persona la cui esistenza non era altro che un fugace sguardo attraverso la portineria. Un film piacevole che porterà verso un finale dolce amaro, il quale sarà motivo di riflessione per la piccola Paloma sul fatto che forse, morire e lasciare questo mondo non è del tutto giusto se poi quando ce ne andiamo, è qualcun altro a soffrire al posto nostro.

domenica 11 novembre 2012

Che fine ha fatto Baby Jane?




Siamo negli anni dieci del '900, Jane Hudson (Bette Davis) è una bambina prodigio, talentuosa e promettente che nonostante la sua tenera età sta per diventare la stella dei teatri di tutti gli Stati Uniti. Ha davanti a se una fulgida carriera costellata di successi e vanti grazie anche alle cure di suo padre, suo produttore/agente. 
Jane però è anche soprattutto una ragazzina viziata sempre pronta a far capricci e a non voler mai sentirsi dire di no, al contrario di sua sorella Blanche (Joan Crawford) sempre timida e mite, che silenziosamente segue la carriera della sorellina senza lamentarsi. Ci spostiamo velocemente negli anni ’60 e troviamo un palese mutamento della situazione, Blanche è una ricca e affermata attrice costretta su una sedia a rotelle a causa di un misterioso incidente d’auto accaduto anni prima e Jane invece ormai dimenticata, comincia a perdere colpi e ad avere seri problemi mentali che la portano, a essere anche violenta con la sorella. Le due vivono insieme nella casa che il padre aveva lasciato in eredità, Blanche, però è costretta da Jane a vivere in isolamento all’ultimo piano, poiché a causa della sedia a rotelle non può scendere la grande scalinata che la condurrebbe al piano di sotto. 
La vita di Jane è in netto declino, ormai nessuno ricorda più la bella bambina che cantava nei teatri e distrutta da ciò, comincia a bere e a provare un odio smodato per sua sorella proibendole non solo il contatto fisico/visivo con il pubblico, ma anche quello telefonico e quello per corrispondenza, negandole i pasti e picchiandola spesso, portando Blanche a chiedere aiuto ai vicini spesso senza risultati. Jane continua la sua vita come se niente fosse nonostante i suoi problemi psicologici decidono di ricominciare a lavorare come cantante assumendo un pianista spiantato (Victor Buono) per fargli da accompagnatore nelle sue lezioni di canto. Progetto che durerà ben poco, e quando una domestica comprende lo stato di segregazione nel quale era costretta la povera blanche, la situazione degenera nell’ennesima violenza e in un omicidio. Dopo aver ucciso la domestica Jane, porta Blanche quasi moribonda su una spiaggia, lasciandola morire così sulla sabbia.
"Che fine ha fatto Baby Jane?" è un capolavoro in bianco e nero del 1962 diretto da Robert Aldrich e tratto dal romanzo omonimo di Henry Farrell. Un film decisamente tra il grottesco e il grandguignolesco che vede protagoniste sulla scena due delle più grandi e magnifiche attrici della vecchia Hollywood tra l’altro acerrime nemiche fin dall’inizio delle loro brillanti carriere e forse proprio per questo così azzeccate. Un regista abilissimo appunto a raccontare il declino di una carriera, con cinismo, scavando a fondo nelle turbe psichiche sia di Jane sia di Blanche, nonostante la debolezza di quest’ultima sia fondamentalmente fisica.   Meravigliose le scene in cui vediamo il soggiorno di Jane divenire un palcoscenico, il lampadario che funge da occhio di bue, che la illumina e la mostra in tutto il suo essere patetico, con il pesante trucco e il fiocco in testa, mentre canta la canzone "I written a letter to daddy" che l’aveva resa celebre a dieci anni. Quello che però sconvolge è la rivelazione che Blanche ormai quasi esanime fa a Jane raccontandole che molti anni prima era stata lei stessa la causa dell’incidente d’auto, infatti Blanche colta da un raptus, probabilmente stanca dalle continue prepotenze di sua sorella, aveva tentato di investire Jane che aveva avuto la fortuna di rimanere illesa e di dimenticare tutto per via dello shock , ma il forte impatto contro un cancello aveva causato la rottura della spina dorsale di Blanche.  Che fine ha fatto baby Jane non può non ricordare un altro celebre film di Billy Wilder Viale del tramonto, nel quale la protagonista Norma Desmond non  accetta il suo declino professionale. La cosa più importante però è l’interpretazione della Davis, perfida all’inizio e quasi indifesa verso la fine, così strepitosa e spaventosa allo stesso tempo, in grado di mettere una certa agitazione addosso allo spettatore, a causa anche della continua agonia di Blanche che tenta di scappare e chiedere aiuto invano, un po’ come nel film "Misery non deve morire" .
Un cult degli anni '60 da vedere, a mio parere, obbligatoriamente, non ci sono scuse, se non l'avete visto è inutile parlare di cinema con me. 

Jane Hudson: "..Allora in tutto questo tempo..avremmo potuto essere amiche.."

Bette Davis: " Joan Crawford? il primo caso di sifilide a Hollywood!"

lunedì 5 novembre 2012

Non ti muovere


Timoteo (Sergio Castellitto) è un bravo e meticoloso chirurgo, il quale in una mattinata piovosa viene avvertito che nella struttura in cui lavora, è stata trasportata con urgenza una ragazzina di appena quindici anni, vittima di un incidente in motorino. Quella ragazzina è Angela, sua figlia, che come tutte le mattine aveva salutato, forse distrattamente prima di andare a lavoro. Nell'attesa durante l'operazione che decreterà la guarigione o la morte di sua figlia, Timoteo come in un lungo monologo ci racconta un pezzo del suo passato, quando più giovane di vent'anni aveva incontrato, per puro caso, Italia una giovane donna, povera e abitante in una borgata romana dimenticata da Dio. Timoteo - a sua volta uomo perseguitato dal ricordo di un’infanzia infelice- violenta Italia (Penelope Cruz) come preso da un raptus e quel gesto sarà l’inizio di una tormentata relazione formata da passione, violenza e anche da un amore sincero e puro, che Timoteo non riusciva più a provare per la sua bella e benestante moglie Elsa (Claudia Gerini). Una relazione che lo porta a riflettere sulla sua vita e su quanto si senta inadeguato nell’ambiente borghese, finto nel quale sua moglie lo aveva ormai trascinato da anni, e su quanto invece possa sentirsi vivo nella semplicità di un rapporto con una donna che non pretende nulla, che a sua volta era stata vittima di violenze da parte di altri uomini in passato e che probabilmente ama davvero. Italia rimane incinta di Timoteo che sulle prime le chiede di abortire, senza pensare alle reali conseguenze quando poi sarà troppo tardi Italia abortirà davvero, grazie all’aiuto di una zingara di borgata e morirà per setticemia. L’uomo resta sconvolto dalla sua morte che rappresenta anche la fine del Timoteo spensierato e felice e manterrà sempre vivo il ricordo di Italia quasi come una morbosa ossessione.
Non ti muovere che vede alla regia proprio Sergio Castellitto e tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Mazzantini, è stato uno dei migliori film del 2004, per la drammaticità dei temi riscontrati dalla violenza sulle donne all’aborto, alla morte. Lo è stato sicuramente anche per una interpretazione in particolare, quello di Penelope Cruz. Una esecuzione davvero inaspettata quella della già famosissima attrice spagnola, che riesce a calarsi nel ruolo di Italia questa donna dall'aspetto poco avvenente, un po' rozza, trascurata, ma con gli occhi dolci e stanchi di chi ha vissuto la vita a stento, in maniera stupefacente, grondando talento da tutti i pori mettendosi in gioco e recitando interamente in italiano, arrivando ad emozionare come non aveva mai fatto nella sua lingua originale. Tutto questo grazie alla supervisione di Castellitto che con il suo modo di recitare così spontaneo e naturale come appunto nel monologo finale quando prega sua figlia di non muoversi, di non morire perchè lei è l'unica cosa per la quale vale ancora stare in questo mondo, fa di Non ti muovere un’eccellente ed emozionante pellicola


“ Non lo so dove vanno le persone che muoiono ma so dove restano. ”



sabato 3 novembre 2012

IT - Il pagliaccio


Come tutti ormai sanno IT non è stato un film, bensì una miniserie televisiva, mandata in onda divisa in due puntatone, nel lontano 1990 diretta da Tommy Lee Wallace (già ultra famoso per Halloween III - Il signore della morte e Ai confini della realtà) e tratta dal romanzone di quel geniaccio di Stephen King.
Siamo nel 1960 a Derry, una piccola cittadina del Maine, dove una strana, mostruosa creatura uccide dei poveri bambini innocenti, solitamente sotto le sembianze di un inquietante pagliaccio con tanto di naso rosso e tutina colorata, di nome Pennywise (uno STRABILIANTE Tim Curry) che si risveglia ogni 30 anni.
 Il protagonista dodicenne Bill detto il balbuziente, dopo la morte del suo fratellino Georgie provocata proprio da IT (in inglese è il pronome con il quale generalmente ci si riferisce alle cose, infatti Pennywise è una cosa astratta niente di facilmente riconducibile ad un essere umano) insieme alla banda dei perdenti, composta da Beverly la figlia del bidello della scuola e sempre presa in giro dalle sue coetanee, Ben il grassone, Richie famoso per le sue battute comiche, Eddie spaghetti il timoroso, Stanley lo scout e Mike, decide di dover assolutamente porre fine alla lunga serie di omicidi una volta per tutte uccidendo il malefico Pennywise che a sua volta aveva tormentato ed attaccato tutti e sette. Facendosi la solenne promessa di tornare immediatamente a Derry qualora si verificasse il ritorno di IT. 
Le due puntate si muovono nel tempo andando quindi dagli anni '60 agli anni '90, in questi ultimi troviamo la banda dei perdenti effettivamente cresciuta, Bill è diventato uno scrittore, Ben un architetto, Richie un comico della tv e via dicendo. L'unico rimasto a Derry, Mike scopre che IT è tornato a colpire e che trent'anni prima avevano solo creduto di averlo definitivamente ucciso. Ecco quindi che tutti, devono tornare ad affrontare di nuovo le loro più grandi paure perchè di questo si tratta. Paure. I sei -Stan non riuscendo ad affrontare nuovamente la paura si suicida- però, riusciranno con la stessa forza che avevano avuto in passato a reagire e a uccidere il mostro.
 C'è da analizzare però il personaggio di IT che in fondo non è nient'altro che il proiettarsi delle
paure che si hanno nell'età infantile e nell'adolescenza, la paura del buio, dei ragni, dei fantasmi, delle mummie. Una creatura capace di portare all'esasperazione la sua vittima proprio attraverso la sua più grande paura, che nel romanzo viene addirittura nominata come "La divoratrice di mondi", proveniente addirittura da un universo differente.La miniserie ha ricevuto molte critiche, soprattutto per la non fedeltà assoluta al libro, personalmente sarebbe stato impossibile concentrare in due puntate oltre 1300 pagine di libro, e credo che l'operato di Wallace sia stato buono e con una sceneggiatura ottima, per non parlare della magnifica interpretazione di Tim Curry nei panni di Pennywise. 
Troviamo tuttavia altri attori di un certo livello come Jonathan Brandis (Bill a dodici anni e prematuramente scomparso nel 2003), Richard Thomas, John Ritter (anch'esso prematuramente scomparso nello stesso anno di Brandis) il già citato Tim Curry, Annette O'Toole (Beverly) e Olivia Hussey (Giulietta-Audra). E' stato annunciato dalla Warner Bros un possibile remake cinematografico del suddetto romanzo. Personalmente sono molto scettica riguardo ai remake, anzi diciamocelo LI ODIO, quindi lo aspetto col fucile puntato.
Dicono che IT sia stato il film che ha segnato l'infanzia di millemila bambini, che tutt'ora restano traumatizzati alla vista di un pagliaccio, sarà che sono wonder woman, ma io l'ho visto a 13 anni e l'ho fin da subito reputato buono come film, e strepitoso come romanzo e invece di lasciarmi spaventare dalla visione di Pennywise  ho pensato: Che figata! 



"Andatevene: se non ve ne andate finirete anche voi nella luce dei defunti... come tutti gli altri."
Pennywise












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