Siamo negli anni dieci del '900, Jane Hudson (Bette Davis) è
una bambina prodigio, talentuosa e promettente che nonostante la sua tenera età
sta per diventare la stella dei teatri di tutti gli Stati Uniti. Ha davanti a
se una fulgida carriera costellata di successi e vanti grazie anche alle cure
di suo padre, suo produttore/agente.
Jane però è anche soprattutto una ragazzina viziata sempre
pronta a far capricci e a non voler mai sentirsi dire di no, al contrario di sua
sorella Blanche (Joan Crawford) sempre timida e mite, che silenziosamente segue
la carriera della sorellina senza lamentarsi. Ci spostiamo velocemente negli
anni ’60 e troviamo un palese mutamento della situazione, Blanche è una ricca e
affermata attrice costretta su una sedia a rotelle a causa di un misterioso
incidente d’auto accaduto anni prima e Jane invece ormai dimenticata, comincia
a perdere colpi e ad avere seri problemi mentali che la portano, a essere anche
violenta con la sorella. Le due vivono insieme nella casa che il padre aveva
lasciato in eredità, Blanche, però è costretta da Jane a vivere in isolamento
all’ultimo piano, poiché a causa della sedia a rotelle non può scendere la
grande scalinata che la condurrebbe al piano di sotto.
La vita di Jane è in
netto declino, ormai nessuno ricorda più la bella bambina che cantava nei
teatri e distrutta da ciò, comincia a bere e a provare un odio smodato per sua
sorella proibendole non solo il contatto fisico/visivo con il pubblico, ma
anche quello telefonico e quello per corrispondenza, negandole i pasti e
picchiandola spesso, portando Blanche a chiedere aiuto ai vicini spesso senza
risultati. Jane continua la sua vita come se niente fosse nonostante i suoi
problemi psicologici decidono di ricominciare a lavorare come cantante
assumendo un pianista spiantato (Victor Buono) per fargli da accompagnatore nelle sue lezioni
di canto. Progetto che durerà ben poco, e quando una domestica comprende lo
stato di segregazione nel quale era costretta la povera blanche, la situazione
degenera nell’ennesima violenza e in un omicidio. Dopo aver ucciso la domestica
Jane, porta Blanche quasi moribonda su una spiaggia, lasciandola morire così
sulla sabbia.
"Che fine ha fatto Baby Jane?" è un capolavoro in bianco e nero
del 1962 diretto da Robert Aldrich e tratto dal romanzo omonimo di Henry
Farrell. Un film decisamente tra il grottesco e il grandguignolesco che vede
protagoniste sulla scena due delle più grandi e magnifiche attrici della
vecchia Hollywood tra l’altro acerrime nemiche fin dall’inizio delle loro
brillanti carriere e forse proprio per questo così azzeccate. Un regista
abilissimo appunto a raccontare il declino di una carriera, con cinismo,
scavando a fondo nelle turbe psichiche sia di Jane sia di Blanche, nonostante
la debolezza di quest’ultima sia fondamentalmente fisica. Meravigliose le scene in cui vediamo il
soggiorno di Jane divenire un palcoscenico, il lampadario che funge da occhio
di bue, che la illumina e la mostra in tutto il suo essere patetico, con il pesante
trucco e il fiocco in testa, mentre canta la canzone "I written a letter to
daddy" che l’aveva resa celebre a dieci anni. Quello che però sconvolge è la
rivelazione che Blanche ormai quasi esanime fa a Jane raccontandole che molti
anni prima era stata lei stessa la causa dell’incidente d’auto, infatti Blanche
colta da un raptus, probabilmente stanca dalle continue prepotenze di sua
sorella, aveva tentato di investire Jane che aveva avuto la fortuna di rimanere
illesa e di dimenticare tutto per via dello shock , ma il forte impatto contro
un cancello aveva causato la rottura della spina dorsale di Blanche. Che fine ha fatto baby Jane non può non
ricordare un altro celebre film di Billy Wilder Viale del tramonto, nel quale
la protagonista Norma Desmond non
accetta il suo declino professionale. La cosa più importante però è l’interpretazione
della Davis, perfida all’inizio e quasi indifesa verso la fine, così strepitosa
e spaventosa allo stesso tempo, in grado di mettere una certa agitazione
addosso allo spettatore, a causa anche della continua agonia di Blanche che
tenta di scappare e chiedere aiuto invano, un po’ come nel film "Misery non
deve morire" .
Un cult degli anni '60 da vedere, a mio parere, obbligatoriamente, non ci sono scuse, se non l'avete visto è inutile parlare di cinema con me.
Un cult degli anni '60 da vedere, a mio parere, obbligatoriamente, non ci sono scuse, se non l'avete visto è inutile parlare di cinema con me.
Jane Hudson: "..Allora in tutto questo tempo..avremmo potuto essere amiche.."
Bette Davis: " Joan Crawford? il primo caso di sifilide a Hollywood!"
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